Gli individui, le personalità, spesso si dividono in due: quelli che investono tramite un incarico per migliorare l’organizzazione cui si sono messi al servizio. Avide di trovare il modo con cui migliorarla, vigilanti per i pericoli che possono incontrare ora e, ma soprattutto, nel prossimo, futuro. Hanno un solo obiettivo: un’organizzazione forte, inclusiva, sempre più di successo. E poi ci sono quelli che vedono quell’incarico come un taxi per gratificare il proprio interesse personale, per acquisire potere, per scalare vette (???) sempre più alte. Per questo il loro interesse non è per l’organizzazione, tutti protesi a che il mondo giri in torno a loro (o peggio per il loro gruppo). La scelta di questi individui è sempre la stessa: muoia Sansone e tutti i Filistei.
Bello lo stereotipo. Facile, semplice. Utile per una scelta senza dubbi. Purtroppo non è questa la realtà.
La spregiudicatezza del secondo tipo d’individuo lo porta sempre a cercare di dimostrare che l’organizzazione affidatogli/le funzioni, migliori. Non ha senso investire per il futuro, ma cerca relazioni, consenso. Promuove eventi, show, abbaglianti e legittima tutti i suoi comportamenti come ispirati ai più alti valori e spiegazioni che celano i suoi interessi particolari.
Ma c’è un ma. Qual è il risultato di queste azioni?
Se tutto va bene madama la Marchesa, allora si può sempre sperare in una colletta. Si trovano sempre individui degni, senza interessi, con piena cittadinanza organizzativa, in pieno spirito di abnegazione, completamente devoti al miglioramento.
Una bella domanda è allora: come distinguere tra questi due tipi contrapposti di individui?
E’ semplice. Basta ascoltarli. Le persone che s’identificano con un’organizzazione si danno da fare, fanno di tutto per ottenere i migliori risultati. Cercano di capire la realtà per raggiungere i migliori risultati e intervengono nelle situazioni potenzialmente dannose. Gli individui che vivono per un’organizzazione ne parlano in modo appassionato, conoscono i suoi problemi, stanno attenti a spiegare sempre come si stanno muovendo, condividono i loro dubbi, le loro aspirazioni, i loro programmi.
Sono estremamente dettagliati, sono inclusivi e coinvolgenti.
Gli altri, i secondi, quelli “interessati”, leggono le dimensioni della realtà come strumenti, non le leggeranno mai. In un angolo, dietro le quinte, su un post innocuo, discuteranno di intrighi, di manovre di palazzo, di vantaggi politici. In pubblico saranno assertivi, esalteranno, condanneranno. Sempre genericamente. Se sono coinvolti nel gioco, sicuramente non ve li racconteranno mai i loro interessi.
Viva lo spirito di servizio!!!
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La questione da te sollevata sembra una banalità, specialmente in tempi cosiddetti moderni, dove conta unicamente il raggiungimento delle proprie soddisfazioni che inevitabilmente conduce a una forma di egotismo che è proprio di chi pone il proprio interesse come base di ogni motivazione e scelta. Parlare di spirito di servizio come ne parli tu e che ovviamente condivido in toto, ti fa sembrare un personaggio di fantasia. Una figura che vive in una dimensione parallela alla nostra, quindi immateriale. Hai sollevato con il tuo articolo una questione che alla fine è la chiave di lettura per ottenere il massimo risultato in campo politico, economico, sociale e familiare. Quello dello “spirito di servizio” è un tema sollevato anche in campo religioso da Papa Francesco. Non sono certo io la persona più adatta a parlare di cose religiose per distanza filosofica, ma se riguardano una collettività e il bene di una comunità, perché no. Lo stesso Papa Francesco ricorda che gli stessi discepoli “si impadronivano del tempo del Signore, si impadronivano del potere del Signore: lo volevano per il loro gruppetto” ed “allontanavano la gente perché non disturbassero Gesù”, per stare “comodi”; sfruttavano l’atteggiamento di servizio, “trasformandolo in una struttura di potere”. Trasferendo il concetto nella vita laica di tutti noi ci porta direttamente al modo di come governare la cosa pubblica, un organizzazione politica e tutto ciò che riguarda la vita collettiva delle persone. Se viene a mancare lo spirito di servizio, come nella seconda categoria che descrivi (quella degli “interessati”), non ha senso, come dici, investire nel futuro.
…Si trovano sempre individui degni, senza interessi, con piena cittadinanza organizzativa, in pieno spirito di abnegazione, completamente devoti al miglioramento…..
Quanto ha ragione!
E poi, come sempre e come al solito, alla fine questi eroi si ritrovano a produrre diamanti (che quelli della seconda categoria sfoggiano in pubblico) per regalare ad altri un tozzo di pane.
Se le cose vanno bene il merito è dei secondi, se le cose vanno male o c’è da sputare sangue, la colpa è tua.
E ti chiedi ” perché lo faccio ?” l’unica risposta che ti sai dare è “per i nostri ragazzi, per le future generazioni”. Continui a mettercela tutta ma la tua battaglia non ha voce…